La situazione del rugby in Capitanata con il prof. Antonio Cassinese


Oggi la redazione di Sportivamente ha intervistato un pilastro del rugby foggiano, il prof. Antonio Cassinese. Classe 1987, laureato in scienze motorie, muove i suoi primi passi nel rugby come giocatore del CUS Foggia e da lì prosegue diventando all’interno della Federazione Italiana Rugby come allenatore di 3 livello. Allena prima il CUS Foggia Rugby e poi l’ASD Foggia Rugby. Diventa preparatore atletico e allenatore degli avanti della squadra femminile del Bisceglie Rugby che milita in serie A. Ha giocato sia nel campionato di serie C regionale pugliese che in serie B nazionale con il Benevento Rugby, un curriculum degno di rispetto che copre a 360° il rugby da giocatore e allenatore. L’uomo giusto per capire e analizzare il rugby in Capitanata.
Prof. Cassinese quali sono state le cause della non partecipazione del Foggia al Campionato Regionale Pugliese di serie C?
Le cause sono molteplici. L’ASD Foggia è una società che è nata con l’ambizioso obiettivo di portare la compagine foggiana ad alti livelli rugbistici, iniziando a militare nel Campionato Pugliese di serie C, transitando per la serie B, per poi accedere, nell’arco di dieci anni, nel Campionato Nazionale di serie A. L’ASD Foggia voleva essere la prima squadra pugliese a giocare un campionato d’élite. Un percorso che stava prendendo la strada giusta in quando la società, nei primi due anni, ha vinto sei coppe di categoria e aveva iniziato a gettare le basi per diventare una solida società con la formazione delle giovanili dal mini rugby all’under 18. Purtroppo la società ha dovuto scontrarsi con la realtà della Città di Foggia dove mancano strutture sportive adeguate per giocare a rugby. Quelle poche che esistono sono cannibalizzate dal calcio. La società non poteva sostenere l’onerosa spesa dell’affitto del campo per gli allenamenti e per le partite ufficiali. Inoltre per avere una squadra di livello un campo non basta per poter sviluppare sia il settore giovanile che quello senior. Si è tentato anche la via di prendere in concessione dei terreni, degli spazi vuoti dal Comune di Foggia per la costruzione di un campo adeguato per giocare a rugby. Ma la politica foggiana ha visto questo nostro progetto come un ostacolo per la crescita e sviluppo del calcio. La città del Foggia è votata al calcio e per gli sport minore è difficile farsi largo e affermarsi. L’ASD Foggia è nata da amatori del rugby, gente che per passione è disposta a tassarsi per vedere i ragazzi muovere una palla ovale. Ma per affittare i campi adeguati, per possedere una palestra, per avere dei locali da trasformare in club house dove svolgere i terzi tempi e vivere la parte sociale del club occorrono fondi economici importanti che l’ASD Foggia, purtroppo, non è riuscita a racimolare né con i tesseramenti, né con gli autofinanziamenti e né con gli sponsor. L’ASD ha avuto solo l’appoggio del campo sportivo “Don Uva” di Foggia, dove è stato possibile muovere i primi passi, ma che nel tempo e per la progettualità stabilita non era sufficiente per fare il salto di qualità.
Un altro ostacolo è dato dall’impoverimento del territorio con la migrazione di molti atleti, una volta raggiunta la maggiore età, verso altre città del nord per iniziare gli studi universitari o per trovare lavoro. Questo ha limitato il numero dei tesserati che man mano negli anni è diventato sempre più esiguo. Il colpo di grazia è stato dato dalla pandemia del COvid-19. Molti giocatori avevano abbandonato la società per paura di ammalarsi e ricordiamoci che all’inizio del 2020 non esistevano cure adeguate per guarire dal Covid-19. Tutti questi mix di fattori (campo sportivo, finanziamenti, numero eseguo dei tesserati) hanno fatto prendere la decisione alla dirigenza di chiudere la società e di rimandare il tutto a tempi migliori.
Dalla tua esperienza ci potrà essere un ritorno del rugby a Foggia?
Il rugby a Foggia non si è fermato completamente perché il Centro Universitario Sportivo, il CUS, continua a portare avanti il rugby allenando le giovanili. Una situazione fine a sé stessa perché dopo le giovanili, non esistendo una prima squadra che milita nel Campionato di serie C Puglia, un atleta è costretto a migrare verso Bari, Barletta, Trani o Benevento, sostenendo costi onerosi di trasferte e tempo libero per poter coltivare questa passione sportiva. La dirigenza del CUS Foggia non ritiene politicamente utile e necessaria formare una prima squadra. Era stato sviluppato un progetto per ricreare la squadra senior, un progetto a mia firma in quanto sono stato l’ultimo allenatore del CUS Foggia Rugby. In quel periodo ho fatto vincere diversi tornei regionali sia con la squadra senior che con le squadre giovanili. Purtroppo il mio nome non è gradito alla stessa dirigenza che non vuole formare una squadra da poter giocare in serie C pugliese. Una politica sportiva miope che non riesce a vedere il disagio degli atleti che, una volta finito il percorso delle giovanili, sono costretti a migrare fuori città o peggio a smettere di giocare a rugby. Peccato perché il CUS è l’unica società foggiana che può far nascere una squadra senior, poiché possiede le strutture necessarie per farlo in quanto è dotato di un campo da rugby regolamentare, di una pista d’atletica e di una palestra per poter attuare programmi di formazione atletica per i giocatori. Presenta, inoltre, spazi per poter creare una club house dove vivere la parte social e di aggregazione del club.
…e in provincia?
Solo il prof Giuseppe Trapani a Orta Nova porta avanti questo sport nella provincia allenando i ragazzi dal minirugby all’under 14.
Ma non esiste nessuna realtà, a oggi, che possa creare una società per poter militare nel Campionato Regionale Pugliese. Tentativi nel tempo ci sono stati da parte di Manfredonia, San Severo e Torremaggiore, ma i numeri degli atleti sono stati sempre esigui per affrontare una stagione di campionato con tranquillità e per poter continuare negli anni successivi. L’esiguità dei numeri è dato dal retaggio culturale sbagliato che fa vedere il rugby come sport violento. Ma il rugby non è uno sport violento. È uno sport leale di combattimento, uno sport completo a 360° dove ogni giocatore deve affrontare sfide individuali e di squadra nell’affrontare e superare i propri limiti. Qui è annidata la difficolta dell’atleta giocatore di rugby perché ogni giorno deve confrontarsi contro sé stesso, vincere le paure e superare i limiti fisici e mentali. Oggi giorno, come professore di educazione fisica che nel quotidiano vive con i ragazzi, ho notato che gli atleti di oggi, i ragazzi, non sono disposti ad affrontare tali sfide, a sacrificarsi e a mettersi in gioco. Molti, purtroppo, ci provano a giocare a rugby, ma sono costretti a lasciarlo perché non in grado di sopportare lo sforzo fisico e mentale per giocarlo. Del resto anche le altre realtà devono affrontare l’oneroso problema di reperire sponsor e soldi per affittare o creare strutture sportive e per sostenere i costi di gestione di una squadra senior.
Per poter creare una squadra di rugby nella provincia di Foggia che possa militare nel Campionato di serie C Pugliese occorre la sinergia di tutte le minuscole realtà della Capitanata, di cooperazione e non di individualismi, per poter trovare i fondi economici adeguati, il numero di atleti giusto per poter creare una squadra che possa non essere una meteora, uno sporadico episodio dettato dal momento, ma una realtà stabile dove gettare le basi future del rugby foggiano. Solo nella città di Foggia si può fare ciò anche perché si trova geograficamente al centro della provincia e che può essere facilmente raggiunto da molti atleti che non vivono a Foggia.
Al contrario il settore femminile è vivo e in espansione. Tante nostre atlete della provincia di Foggia si allenano perché hanno l’obiettivo di poter essere selezionate nella rosa delle giocatrici del Bees Rugby Bisceglie, unica squadra femminile di rugby a XV che gioca nel campionato nazionale di serie A.
La Federazione Italiana Rugby è presenta nel territorio? È un facilitatore?
La FIR è presente nel territorio e cerca in tutte le maniere possibili di spingere realtà societarie come il CUS Foggia a creare dei progetti per creare squadre senior per poter aumentare la rosa delle squadre partecipanti al Campionato Regionale Pugliese. Ma il limite della Federazione è quello di non poter obbligare le società a farlo. Il Comitato pugliese è impegnato al massimo nel diffondere il rugby in regione, entrando e propagandando il rugby negli istituti scolastici, per aumentare il numero dei tesserati. Inoltre cerca di far cadere il campanilismo societario, di far sì che le varie società collaborino per intraprendere di progetti di crescita in numero di atleti e di qualità del gioco. Alcune società, oggi, grazie al supporto del Comitato, vedendo il numero esiguo attuale delle giovanili, ha iniziato a cooperare con le altre società per metter su delle squadre giovanili e dei campionati dove i nostri allievi possano crescere e fare esperienza. Crescita che poi viene messa a disposizione, nel tempo, nelle squadre senior. Inoltre la società Tigri Bari ha iniziato un progetto importante, con la collaborazione di altre realtà pugliesi, per poter sviluppare un rugby di qualità per portare il Bari in serie B nazionale e diventare il locomotore per le altre società.
Il limite del Comitato pugliese è data dalla limitatezza professionale dei tecnici regionali. Questi non vengono scelti per esperienza, per corsi svolti e per la propria professionalità. Sono scelti politicamente per accontentare la dirigenza delle squadre blasonate pugliesi. Questo limita fortemente la crescita di qualità dei giocatori, la crescita degli allenatori e quindi la qualità del Campionato Regionale Pugliese che viene considerato non di livello. Questi tecnici sono legati a vecchie metodiche di coaching, creano giocatori automi che devono svolgere il compitino assegnato e non possono prendere iniziative. Il gioco del rugby, invece, è fatto da infinite situazioni di gioco e un buon allenatore deve allenare secondo la pratica del coaching del making decision, creare giocatori pensanti che siano in grado di riconoscere le infinite situazione create del gioco e di trovare la tattica e la tecnica giusta per affrontarle e superarle. Tecnici esperti ci sono, ma vengono esclusi sia dalla Federazione che dai presidenti delle società a favore di allenatori non adeguati tecnicamente, ma più compiacenti e più governabili dalle società e dal Comitato. Occorre una vera rivoluzione culturale nel rugby pugliese fatta non di politica e di campanilismo, ma di sinergie, di collaborazione e di crescita. Bisogna spazzare via consuetudini e vecchi retaggi culturali affidando le redini a uomini professionalmente preparati per poter far crescere il livello della qualità degli allenamenti, dei giocatori, della formazione di allenatori e arbitri, ma soprattutto sinergia, collaborazione tra le società per far sì che il Campionato Regionale possa raggiungere un livello adeguato per poter avere una squadra in serie B nazionale che faccia da traino, da spinta, da trascinatore a tutte le società pugliesi.
Prof. Cassinese, lei è anche un esperto nel rugby femminile in quanto e stato preparatore atletico e allenatore degli avanti del Bees Bisceglie rugby, squadra femminile che gioca nel campionato nazionale di serie A, com’è la situazione del movimento femminile in Puglia?
Al contrario del settore maschile, il settore femminile è in espansione in numeri e qualità. Il movimento è trainato dai successi della squadra Nazionale Femminile di rugby a XV e dalla presenza in regione de Bees Bisceglie che viene visto come un traguardo per le atlete pugliesi e della capitanata in particolare. Le ragazze del Bisceglie sono una solida realtà sportiva che potrà un giorno aspirare ad eccedere a giocare nel campionato d’élite nazionale. Il comitato a tal riguardo sta promuovendo sempre di più la collaborazione tra le varie realtà pugliese dove si gioca rugby femminile cercando di favorire una solida e duratura collaborazione, ma anche una sana competizione affiche al Bisceglie Rugby arrivino atlete e giocatrici di alto livello. Peccato che a livello nazionale, il rugby femminile pugliese venga sottovalutato. A mio parere di tecnico atlete come Alessandra Pedone e Marika Paradiso potrebbero tranquillamente essere convocate come seconda e terza linea e dare il loro contributo alla Nazionale di Rugby. Oltre a loro ci sono ragazze che possono raggiungere un alto livello come Jessica Ramos Borges, Alessandra Vasienti, Anna Maria Germinario, Ivana Lunare, Francesca Russo e Angelica Passaquindici che stanno facendo grandi cose e che posso dare ancora tanto e raggiungere livelli più alti.
Il Comitato regionale pugliese deve approfittare al massimo questa situazione storica che si è venuta a creare con le Bees. Esse, ripeto, devono essere il traino a tutte le società a tutte le giocatrici pugliesi per aumentare qualità e numeri di tesserati. Inoltre questo percorso, non mi stanco a ripeterlo, deve essere gestito tecnicamente da allenatori preparati, con esperienza e di qualità.
Credo che la Federazione Italiana Rugby deve attuare una profonda rivoluzione culturale. I fondi esigui non devono essere spesi per le compagini che giocano in Celtic League e neanche nelle Accademie Federali che nelle realtà dei fatti non creano giocatori di livello. La Federazione non deve entrare nelle scuole e fare dei percorsi sporadici di propaganda nella speranza di avvicinare i ragazzi al rugby. La Federazione deve avere il coraggio di collaborare con il MIUR nel creare un liceo sportivo dove si insegna a conoscere il rugby a 360°. Gli alunni devono conoscere, imparare studiare la fisiologia e le dinamiche del corpo umano durante la partita, le sue interazioni chimiche, le patologie muscolari derivanti, la psicologia, la pedagogia, l’inglese, la filosofia, tutto inerente allo sport in generale, ma in particolar modo correlata al rugby per creare giocatori di rugby pronti mentalmente e fisicamente. Creare dei campionati dove questi giovani atleti possano confrontarsi per poter crescere. Sarebbe una vera rivoluzione, forse la vera rivoluzione attuabile, ma vedo che la Federazione Italiana non è disposta a farlo perché vive ancora di consuetudini.
Prof. Cassinese, oppure il “Diavolo veste Kipsta” (nome di battaglia da giocatore) lei è un giocatore di tutto rispetto con tanti campionati pugliesi disputati, anche nella doppia veste di giocatore/allenatore e di aver avuto l’onore di aver giocato nel Benevento Rugby, cosa può raccontarci della sua esperienza nel Benevento?
Aver giocato nel Benevento Rugby è stato per me un’esperienza importante sia come giocatore che come allenatore. In quella società rugbistica storica meridionale che ha sempre militato in serie B e in serie A, con un settore giovanile che crea giocatori di rilievo che sono stati convocati nella Nazionale maschile come Salvatore Perugini, Tommaso d’Apice, Carlo Canna solo per citare i più rappresentativi. Una società che trasuda storia e questa la si può toccare per mano entrando in club house dove gli scaffali sono pieni di trofei vinti. Una società dove si vive al pieno l’esperienza rugbistica, dove la club house è il vero cuore pulsante dell’anima della società dove confluiscono giocatori, tecnici e tifosi tutti. Qui ho potuto vedere tecnicamente il rugby da un altro punto di vista, più complesso, più a 360°, esperienza di formazione altissima per me nel mio percorso di formazione continua di giocatore e allenatore. Esperienza che porterò sempre con me e che l’attuerò nel futuro. Il mio rammarico è di non aver affrontato il campionato di serie B al meglio della mia possibilità fisiche e mentali. Ho giocato tutte le partite da titolare e per me questo aspetto è stato molto importante. Ma, non avendo giocato al 100% posso umilmente affermare che il mio gioco in fase difensiva è stato efficace, sbagliando uno o due placcaggi. Mentre in fase di attacco non sono riuscito ad esprimermi al meglio delle mie capacità, infatti non sono riuscito a marcare neanche una meta. L’aspetto negativo è stato il nervosismo che si è venuto a creare in squadra dalle troppe assenze per infortuni, i numeri risicati hanno creato situazioni difficili per poter affrontare con tranquillità un campionato complesso come quello di serie B. A Benevento ho capito che una società che vuole diventare un punto di riferimento sportivo della propria città, un punto di riferimento per le altre società di rugby, un luogo dove poter pianificare crescita e aspirazioni maggiori deve possedere strutture proprie. Deve possedere campi da gioco, palestre, piste di atletica per allenare i giocatori della senior e creare giocatori di livello nelle giovanili. Possedere uno staff tecnico professionale e adeguato per affrontare le sfide. Possedere una club house aperta tutti i giorni dove tutti i giorni atleti, allenatori, amatori e tifosi si incontrano per vivere insieme il rugby. Un centro sportivo adeguato per attirare le sponsorizzazioni adeguate per affrontare i costi di formazione dei giocatori e staff, costi adeguati per finanziare la partecipazione delle giovanili e della senior ai campionati di categoria. Questo è quello che occorre alle società pugliesi e della capitanata in particolar modo.
Un’ultima domanda, chi vincerà la finale della Coppa del Mondo di Rugby 2023, un pronostico.
Penso a una vittoria di forza, con un vantaggio di 20 punti degli All Blacks sugli Springbok. Speravo che l’Irlanda arrivasse in finale per vincerla, le premesse erano altissime in quanto ha fatto uno straordinario percorso di formazione in vista del mondiale e ha giocato straordinariamente il girone di qualificazione. Secondo me la preparazione fisica alla fine ha tradito gli irlandesi in quanto sono stati possenti all’inizio e meno lucidi alla fine venendo eliminati dagli All Blacks che hanno affrontato una preparazione atletica tutta diversa. Hanno caricato al massimo il lavoro preparatorio all’inizio, infatti la Nuova Zelanda non ha espresso il suo solito gioco semplice e fluido, ma è stato macchinoso e lento tanto da non essere al top nel pre mondiale, da non essere una squadra favorita. Infatti nel girone di qualificazione è risultata seconda poiché è stata battuta da una battagliera Francia. Ma negli scontri diretti il lavoro massimale ha dato i suoi frutti. La nuova Zelanda è tornata al suo gioco abituale, è ritornata a essere la squadra temibile da battere, infatti ha liquidato Irlanda e Argentina per approdare alla sua quinta finale. Affermo che gli All Blacks batteranno gli Springbok perché i sudafricani hanno una preparazione atletica simile a quella irlandese. Infatti è stata preponderane nelle amichevoli e nel girone di qualificazione, ma in difficoltà in questa fase finale. Infatti ha battuto in difficoltà e di un sol punto di vantaggio la semifinale contro l’Inghilterra. Quindi, per me, dal mio punto di vista, gli All Blacks alzeranno la loro quarta Coppa del Mondo, diventando la squadra con maggior numero di campionati del mondo vinti.
Ringraziamo il prof. Antonio Cassinese per questa intervista che ha messo a nudo gli aspetti positivi e negativi del rugby di Capitanata e della Puglia tutta. Un’analisi dettagliata e precisa che solo da un professionista come lui poteva essere fatta.

Foto Biagio Basta

Marco Gallifuoco

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