Mondiali Rugby: gli All Blacks demoliscono l’Italia

Con un perentorio 96 a 17 la Nuova Zelanda chiude la pratica Italia e mette un piede nei quarti di finale della Coppa del Mondo. Ieri a Leone si è consumato il funerale del rugby italiano. Gli All Blacks affondano l’Italia con 14 mete contro 2. Questa deve essere una lezione definitiva per la Federazione Italiana Rugby che non può schierare qualche mese prima una squadra giovane, inesperta, un coacervo di giocatori che non sono espressione del Campionato Nazionale. Non si può con il solito Head Coach guru, un non prodotto della Federazione, risolvere con la bacchetta magica gli atavici problemi del rugby italiano. Non si può creare una squadra e sfidare allegramente la Nuova Zelanda, gli All Blacks, una squadra conosciuta in tutto il mondo per la sua alta percentuale di vittorie, per la sua maglia, per i suoi giocatori, per il suo modo d’interpretare il rugby in maniera semplice, ma vincente, per la sua Haka (danza di guerra maori). Gli All Blacks annichiliscono una misera Italia senza idee tattiche, senza esperienza, senza un qualcosa tecnicamente di caratteristico, senza niente. L’Italia può vincere solo contro la Namibia e l’Uruguay, fa sognare i tifosi, ma dopo deve arrendersi e chinare la testa contro i maestri del rugby. Qualcuno potrà commentare che è normale perdere così contro gli All Blacks. Non è così. Una squadra, quella italiana, che partecipa da 23 anni al Sei Nazioni, che è tra l’élite del rugby, non può giocare e perdere in questa maniera. Una lezione pesantissima, ma frutto del dilettantismo, del presappochismo e della saccenza della Federazione Italiana Rugby. Le statistiche, ahimè i numeri, parlano chiaro: possesso di palla per la Nuova Zelanda del 69%, mischie vincenti dell’83%, palle laterali (lineouts o touche) 100% contro il 55%. L’Italia con molti falli di trattenuta, che significa una squadra lenta nei punti d’incontro nel proteggere la palla, doveva utilizzare tre giocatori per fermare l’incursione di un neozelandese (vedasi la meta capolavoro nel secondo tempo di McKenzie). Spero che le due mete fatte dall’Italia non siano la giustificazione o l’alibi per la Federazione Italiana nell’affermare ciò che è di buono fatto dalla Federazione. Una Federazione dove il dilettantismo, la consuetudine, il copiare le altre federazioni, l’affidarsi ai guru stranieri o nazionali è una cosa di tutti i giorni. Una federazione ermetica non aperta alle novità, se non quelle partorite da loro stessi, che non vuole confrontarsi, priva d’idee che si traduce benissimo con il calvario visto in campo a Lione. Una Federazione che non lavora per progetti, ma per posti fissi come se fosse un ministero. Una Federazione formata, per la maggior parte da squadre dilettanti che lavorano a vista d’occhio, senza professionalità, senza pianificazione, senza metodica di coaching. Esistono squadre in Italia che vogliono evolversi, ma vengono sempre ostacolate e osteggiate dalla burocratica Federazione.
Questa sconfitta è una vera scoppola che mette a nudo l’Italia del Rugby. Una federazione seria, professionale e di livello licenzierebbe tutti i responsabili di questa tragedia e inizierebbe a concretizzare una rivoluzione, una ripartenza dal basso, dal rugby di base, da adesso in poi per essere pronti per i prossimi mondiali. Ma le cose non andranno così perchè la consuetudine e i posti fissi nella Federazione trionferanno e giustificheranno questa Waterloo per il rugby italiano con le loro statistiche fantomatiche.
Le possibilità di qualificazione ai quarti finisce qui per l’Italia, anche se non matematicamente. L’Italia dovrà affrontare la Francia padrone di casa del torneo e sarà per noi un’ennesima lezione, sconfitta che metterà a nudo il nostro non professionismo e dilettantismo.

Foto World Rugby
Foto World Rugby

Marco Gallifuoco

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