Italia fuori dal Mondiale di Rugby Francia 2023

Con la pesante sconfitta a Lione di 60 – 7 contro la Francia si chiude definitivamente il percorso per la Nazione di Rugby Italiana nella Coppa del Mondo di Rugby Francia 2023. Il nostro XV non esce a testa alta, ma ne esce spezzata e umiliata dalle pesanti sconfitte avute contro la Nuova Zelanda (96 a 17) e contro la Francia (60 a 7). Si è concluso il nostro consuetudinario spettacolo della nostra Nazionale in una competizione di rilievo. Una Nazionale che si illude con le facili vittorie contro squadre di basso livello rugbistico come Namibia e Uruguay per poi infrangersi contro i big, che offrono un bel rugby giocato che fa divertire il pubblico come Francia e Nuova Zelanda. Le statistiche di questo mondiale parlano chiaro: 2 partite vinte, 2 partite perse, punti fatti 114, punti subiti 181 con una differenza di -67. Si evince che il XV Azzurro non riesce ad effettuare un efficace gioco in attacco con una deludente difesa, sempre statica con placcaggi mai avanzanti e dove occorreva sempre il raddoppio nel placcaggio. Considerando le partite affrontate contro Francia e Nuova Zelanda, l’Italia effettua 287 placcaggi mancando ben 55 placcaggi che hanno permesso agli avversari di essere sempre vincenti e avanzanti nei punti d’incontro. Inoltre, il nostro famoso punto di forza, il nostro pacchetto di mischia non è stato all’altezza del ruolo, perdendo 8 mischie su 10 contro la Nuova Zelanda e 4 su 6 contro la Francia. Ancor peggio le touche, sempre effettuate lentamente, senza precisione, insistendo sempre sul secondo e terzo blocco risultando non efficaci (vincenti 6 su 11 contro la Nuova Zelanda e 10 su 12 contro la Francia). Sono statistiche pesanti che delineano una netta differenza tra il rugby italiano e il rugby professionistico. Qualcuno potrà affermare che nel Sei Nazioni la situazione risulta migliore rispetto alle nostre partecipazioni ai mondiali di rugby partecipati. Ebbene anche nel Sei Nazioni le statistiche confermano il trend negativo (115 partite giocate, 13 vinte, perse 101; punti fatti 1611, punti subiti 3988 con un differenziale di -2377 punti). Queste sono le statistiche e la matematica non è un’opinione, anche se per la Federazione Italiana Rugby lo è. Non è ammissibile preparare la partecipazione a un mondiale basandosi su una preparazione di tre mesi, sconfiggendo il Giappone Rugby e illudendosi di fare buone cose, quando, nella realtà, le squadre di alto livello come Nuova Zelanda, Sud Africa, Australia, Francia, Inghilterra, Galles, Irlanda, Argentina si preparano e fanno programmazione prospettica almeno di quattro anni. Non ci si può affidare al guizzo di qualche giocatore di rilievo come Ange Capuozzo. Noi ci illudiamo di vincere sporadicamente qualche partita e di avere ogni volta l’arroganza di sentirsi competitivi ad alti livelli. Ogni conferenza stampa gestita dalla FIR si contraddistingue sempre da statistiche in miglioramento e sconfitte “onorevoli”. L’alibi è sempre dei perdenti e di chi non vuole azzerare e migliorare. Un Presidente di Federazione, dopo queste pesanti e umilianti sconfitte, dopo la nostra ultima Waterloo contro la Francia, licenzierebbe tutti azzerando la Federazione. Invece questo non avverrà poiché la Federazione è fatta di posti fissi e gestita come una pubblica amministrazione o un ministero. Tenendo fuori la Benetton Treviso e le Zebre, le uniche due squadre veramente professioniste, il resto del nostro rugby è fatto di semi-professionismo, ma soprattutto di dilettantismo. Si getta fumo negli occhi con i valori del rugby, con la lealtà, sostegno, ma la realtà è tragica. Il settore delle giovanili, nella maggior parte dei casi è affidato ad allenatori inesperti e consuetudinari, con un rugby appreso attraverso l’esperienza personale, senza una metodica di coaching e con le sporadiche formazioni effettuate dalla Federazione. Formazione che è sempre indietro di anni nei confronti delle altre federazioni rugbistiche. Ogni volta la Federazione si affida a fantomatici “guru” che dovrebbero, con uno schiocco di mani, risolvere i problemi delle società sportive. La Federazione punta sempre a facili soluzioni che non porteranno mai il movimento in avanti. Occorre ripartire da zero, dalla base, dal mini-rugby, che nelle realtà è abbandonato a sé stesso, affidato, nelle maggior parte dei casi, da allenatori inesperti o addirittura dai genitori degli atleti. Una situazione che ha bisogno di una sterzata, di uno stravolgimento. Occorre pensare a lungo termine costruendo giorno per giorno, formando al meglio i tecnici, a essere di supporto alle società che sono il vero cuore pulsante, a essere di supporto ai numerosi volontari che con passione e dedizione sono presenti e calcano tutti i giorni i campi da rugby, ma che vengono sempre lasciati soli. Se il rugby in Italia continua a essere gestito in maniera dilettantistica, non professionale e consuetudinaria, il nostro movimento non sarà mai in grado di fare il salto di qualità e di colmare il gap con le altre federazioni rugbistiche. Occorre, da parte della Federazione Italiana, umiltà nel riconoscere gli errori e i limiti e di porre subito un argine a tutto ciò perché in questi termini saremo sempre considerati una squadra cuscinetto e non una squadra rugbistica di livello. Saremo sempre la squadra destinata a collezionare i “cucchiai di legno” nel Sei Nazioni e di accontentarsi di qualificarsi ai mondiali senza mai accedere ai quarti.

pH: Virgilio Sport

Marco Gallifuoco

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